LA CITTADELLA DELLE ACLI E L’OFFICINA DEL GAS A CREMONA
Queste pagine si propongono di riportare alla luce un frammento significativo del nostro passato, partendo dal luogo dove oggi sorge la Cittadella delle Acli e dove, nell’Ottocento, trovava sede l’officina del gas. Emblema di quest’epoca sono i gasometri, imponenti strutture in calcestruzzo e ferro che un tempo caratterizzavano il paesaggio urbano di molte città. Questi simboli industriali avevano colpito l’immaginazione di artisti e letterati, ispirando opere come le celebri periferie milanesi dipinte da Mario Sironi o, nel contesto locale, un’opera di Sergio Tarquinio.
Purtroppo, a Cremona, i gasometri sono scomparsi: negli anni ’80 del XX secolo, l’Amministrazione Comunale ha deciso di realizzare un grande stabile nell’area che un tempo occupavano. Tuttavia, fortunatamente, sopravvivono ancora oggi alcuni edifici di notevole interesse che costituiscono uno dei rari esempi di archeologia industriale presenti in città.

L’Officina del gas era un autentico opificio,
dove il carbone serviva come materia prima per produrre gas illuminante. Se il simbolo dell’Officina era il gasometro, il suo cuore pulsante era la sala dei forni. Qui, il carbone veniva caricato e scaricato nei forni, dove veniva portato a temperature elevate per avviare il processo di distillazione. Questo lavoro, che implicava la manipolazione di materiale incandescente, era estremamente faticoso e avveniva in un ambiente insalubre a causa dei gas prodotti.

Le “storte” alla Great Gas Establishment di Brick Lane a Londra, in Chandler e Lacey,
L’ascesa dell’industria del gas in Gran Bretagna.

Ricordare l’Officina del gas, significa commemorare non solo un luogo e un edificio, ma anche il duro lavoro delle persone che vi operavano. “E così la ‘storta’ continuerà ad evocare la fatica degli uomini accanto alle bocche di fuoco che divorano carbone e vita”.
( E. Serventi, La Cokeria, Cremona).

Anna Airy, Donne che lavorano in un’officina del gas della South Metropolitan, Gas Company,
Londra, Imperial War Museum.


UN PO’ DI STORIA


DAL GAS ILLUMINANTE
AL GAS METANO


DAL LITANTRACE AL COKE

L’utilizzo del gas naturale risale all’antichità, sebbene in casi limitati. Più recente è l’impiego del gas ottenuto dalla distillazione del carbone. Solo all’inizio del XVIII secolo si scoprì che riscaldando il carbon fossile ad alta temperatura, si otteneva un residuo solido, duro e resistente: il coke.
Questo nuovo tipo di carbone venne impiegato nella produzione di acciaio, ma anche negli impianti domestici, grazie al suo maggior potere calorifico e alla minor creazione di fumo rispetto al litantrace. Nel processo di cui sopra, circa il 70% del carbon fossile si trasformava in coke, mentre il restante 30% si disperdeva sotto forma di polveri e sostanze volatili.

IL CATRAME

Nella seconda metà del XVIII secolo, si iniziò a recuperare la parte solida dei materiali di scarto, ottenendo il catrame, utilizzato per impermeabilizzare i legni esposti al terreno o all’acqua. La parte gassosa, invece, trovava applicazione solo in dimostrazioni pubbliche a scopo di intrattenimento, come il riempimento di vesciche animali con gas, a cui si dava fuoco attraverso un piccolo foro.

IL GAS ILLUMINANTE

Solo nel XIX secolo iniziò un utilizzo razionale di questa nuova fonte di energia. Due tecnici, Murdoch in Inghilterra e Lebon in Francia, condussero esperimenti sulla distillazione del litantrace per ottenere un gas adatto all’illuminazione. Così nel 1794 Lebon riuscì a rischiarare l’interno dell’edificio parigino in cui abitava, mentre nel 1802 Murdoch illuminò la facciata dello stabilimento dove lavorava.

LA DIFFUSIONE DELLA LUCE A GAS NELLE CITTÀ EUROPEE E NEL NOSTRO PAESE

All’inizio del XIX secolo, Samuel Clegg realizzò un impianto di produzione che divenne il prototipo delle future officine. Sarà però Frederick Winsor a creare a Londra la prima rete pubblica di distribuzione del gas illuminante. Nel 1815, il Municipio di Londra venne illuminato a gas, seguito, qualche anno dopo, dalle principali città inglesi. Contemporaneamente l’industria del gas si diffuse nel continente europeo, raggiungendo presto Parigi. In Italia, Venezia fu illuminata a gas nel 1843, seguita da Milano l’anno successivo e dalle altre grandi città.

L’ESEMPIO DI CREMONA

A Cremona, l’Amministrazione comunale promosse la costituzione di una società locale per l’illuminazione a gas delle principali vie cittadine. Così, nel dicembre 1860, venne costituita la nuova società e nel «Gennaio del 1862 per la prima volta le principali contrade di Cremona risplendettero della luce dei fanali a gazz».

UN SISTEMA DI ILLUMINAZIONE
COMPLETAMENTE NUOVO

Il nuovo sistema d’illuminazione rappresentò una profonda rivoluzione rispetto all’illuminazione a olio. Con il gas, il punto luce diventava l’ultimo anello di una catena che richiedeva una filosofia impiantistica completamente nuova. «Per la produzione del gaz d’illuminazione occorrono: un’usina per la sua distillazione e depurazione, un gazometro per raccoglierne una data quantità, un sistema di canalizzazione per diffonderlo, il carbone fossile, materia unica da cui utilmente si estrae, degli operai ed un’amministrazione».

Storia del gas – 1
I fuochi sacri di Baku 2000 anni fa.

Storia del gas – 2
Il professore Becher produce, per primo,
gas carbone fossile (17° secolo).

Storia del gas – 3
Filippo Lebon nel suo laboratorio a Parigi (1786).

Storia del gas – 4
L’officina a gas di Clegg a Londra (1812).

Storia del gas – 5
Illuminazione a gas naturale sulle rive dll’Ohio,
presso Pittsburg.

T. Géricault,
Carro del Carbone,
Kunsthalle Mannheim,
1821/1822.


IL PASSAGGIO AL GAS METANO

Negli anni Quaranta del XX secolo, mentre si potenziavano ancora le officine per la produzione del gas di città, si ponevano le basi per il passaggio al metano. In Italia, importanti giacimenti di metano furono scoperti a Caviaga, Cortemaggiore, Pontenure e Bordolano.

LA METANIZZAZIONE DELLA PIANURA PADANA

Questi ritrovamenti incentivarono ulteriori attività di esplorazione e ricerca, favorendo lo sviluppo di una vasta rete di metanodotti. A Cremona, il gas metano arrivò nel 1952, sostituendo in pochi mesi quello prodotto dalla distillazione del carbone. L’Officina del gas diventerà così centro di ricevimento e distribuzione del nuovo combustibile.

Pozzo a Caviaga

Posa del metanodotto
Cortemaggiore – Cremona – Caviaga

T. Rowlandson
Uno sguardo alle luci a gas
di Pall Mall
,
Metropolitan Museum


IL FUNZIONAMENTO
DI UN’OFFICINA DEL GAS


Prospetto di un forno contenente tre storte aventi, nella parte superiore, il relativo bariletto.

Condensatore

Gasometro

LA DISTILLAZIONE DEL CARBON FOSSILE

Il processo di lavorazione inizia con la distillazione del carbone. Questa avviene in forni provvisti di speciali tubi in ferro, detti storte, in cui è immesso il carbon fossile che viene opportunamente riscaldato grazie al combustibile posto sulla griglia sottostante. Periodicamente è necessario “scaricare” le storte dal coke formatosi e “caricarle” con nuovo carbon fossile.
Il coke ottenuto viene in parte venduto e in parte bruciato nello stesso processo di distillazione.

PRIMA FASE DI RAFFREDDAMENTO E DEPURAZIONE

La miscela gassosa prodotta necessita di essere raffreddata e depurata da sostanze nocive che potrebbero compromettere il potere illuminante e ostruire le condotte e altri meccanismi utilizzati sia nella produzione sia nel consumo del gas. Per questo motivo, orizzontalmente, sopra le storte sono collocati i “bariletti”, collegati alle prime attraverso tubi verticali, destinati a raccogliere il gas illuminante misto a fumi e vapori sviluppatisi durante la distillazione. Questa miscela gassosa attraversa l’acqua contenuta nei “bariletti”, cedendo così calore e impurità.

SECONDA FASE DI RAFFREDDAMENTO E DEPURAZIONE

Dopo queste prime operazioni, un processo più completo di raffreddamento e depurazione avviene in un’altra sala chiamata appunto sala di depurazione, dove sono situati i condensatori e i depuratori. Dopo essere usciti dal condensatore, i gas, ormai completamente raffreddati, passano attraverso gli apparecchi di depurazione per eliminare eventuali impurità residue. Per vincere la resistenza che questi gas possono incontrare, vengono installate delle pompe (“estrattori”) che creano una leggera depressione. Durante queste operazioni, si possono recuperare alcuni sottoprodotti del processo, come catrame e il solfato d’ammonio (ammoniaca).

IL GASOMETRO

Il gas depurato viene infine inviato al gasometro, una struttura a volume variabile che serve a compensare il divario esistente, nel breve periodo, tra produzione e consumo (a Cremona i gasometri, nel tempo, saranno tre). Si tratta dell’elemento più visibile dell’intera officina. È costituito da una struttura esterna in cui si inserisce una camera cilindrica in metallo. Al fondo di questa camera fanno capo le tubazioni di immissione ed erogazione del gas prodotto. Questa grande campana può salire e scendere grazie a una serie di binari verticali. Si alza sotto la spinta del gas prodotto in entrata e si abbassa quando i consumi della città superano la produzione. La tenuta del sistema è garantita dalla grande quantità di acqua contenuta nella struttura fissa, sulla quale galleggia la campana. Non meno importante dell’officina di produzione è la rete di distribuzione sotterranea che si espande progressivamente lungo le vie cittadine, con l’obiettivo di servire un numero sempre maggiore di utenze.


Schema della produzione del gas illuminante


GLI EDIFICI RECUPERATI


La corografia mostra l’area dell’Officina del gas come si presentava nei primi anni del XXI secolo. In primo piano, si distinguono tre edifici: il magazzino del coke, l’edificio più piccolo e la sala dei forni. Nelle vicinanze, si erge il quarto edificio sopravvissuto, la palazzina liberty.
I tre cerchi indicano, di massima, dove erano collocati i gasometri prima della loro demolizione.

Quando le ACLI hanno realizzato la loro “cittadella”, l’area dell’ex Gasometro era ormai inagibile, con ampie porzioni delle coperture di alcuni edifici crollate, portando con sé parti delle strutture. Nonostante ciò, il sito conservava ancora alcune delle più antiche costruzioni industriali della città. Tra questi, vi sono tre edifici in mattoni a vista che conservano un fascino particolare. Il più grande, l’ex Sala dei forni, è uno stabile a un’unica campata con volte in legno impressionanti per la loro altezza. Il secondo, situato lungo via Cardinal Massaia e originariamente utilizzato come magazzino per il coke, risale a qualche anno dopo ed è stato integrato (secondo il progetto degli architetti Bianchi e Palù) in una nuova costruzione di tre piani. La facciata della nuova struttura si articola in volumi orizzontali e vetrate verticali, e si protende verso la parte più antica, completamente ristrutturata e mantenuta a mattoni a vista, con un rivestimento in acciaio corten che offre una colorazione naturale e un effetto ruggine. Dello stesso periodo è la terza costruzione, anch’essa in mattoni a vista, adiacente alla sala dei forni. Un quarto edificio, più recente e decorato con alcuni fregi semicircolari, è ancora in attesa di una destinazione finale.




SALA FORNI ED EDIFICIO PICCOLO ADIACENTE

   Ieri   
   Oggi   
   Ieri   
   Oggi   
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   Oggi   
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   Oggi   
   Ieri   
   Oggi   

Interno sala forni senza apparecchiature

Ipotesi di interno sala forni con apparecchiature





EX MAGAZZINO COKE

   Ieri   
   Oggi   
   Ieri   
   Oggi   




PALAZZINA LIBERTY

   Ieri   
   Oggi   




PLANIMETRIA OFFICINA DEL GAS DI CREMONA (21 GENNAIO 1890)





EVOLUZIONE OFFICINA





L’area evidenziata in blu rappresenta lo spazio occupato dall’officina fino al 1890
(vedi planimetria precedente). Tra il 1891 e il 1893, vennero eseguiti vari lavori di ampliamento che portarono alla realizzazione di un terzo gasometro (n. 1), di un nuovo depuratore (n. 2) e di una nuova sala forni (n. 3). Inoltre, l’edificio contrassegnato con la lettera A cambiò destinazione, passando da sala dei forni a sala scrubbers. Successivamente, vennero costruiti altri due edifici: uno di modeste dimensioni (n. 4) e il magazzino del coke (n. 5).
Gli edifici indicati con i numeri 3, 4 e 5, realizzati in mattoni a vista, sono ancora esistenti.

Da “La Provincia”, 18 novembre 1952
Quando ieri, quattro minuti prima delle 15, il direttore dell’officina del gas ha impartito l’ordine di spegnere l’ultimo forno di distillazione che ancora funzionava in quel padiglione buio e fumoso nel quale, dal 1891, veniva prodotto tutto il gas necessario al consumo cittadino, tra i fuochisti, che da molti anni erano addetti a quei forni, vi fu un senso di commozione… E’ vero che tutti quegli uomini continueranno a svolgere, sia pure in altri reparti, la loro attività nell’officina, ma è anche vero che non si può abbandonare un lavoro coltivato per quasi tutta la vita senza sentire commozione e nostalgie.






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